Deutsch Drahthaar del Zeffiro
Il D. Drahthaar è un
cane aggressivo?

Tratto dalla rivista “CINOFILIA VENATORIA”,

“Speciale D.Drahthaar”Gennaio 2003

 

IL D.DRAHTHAAR E’ UN CANE AGGRESSIVO?

 

a cura di Gallo Zeffiro

 

Quanto scotta questo tema. Per due principali motivi: perché non é facile per me spiegare che il D.Drahthaar NON é un cane aggressivo a chi non ci crede e non vuole capire, ma molto di più perché é quasi impossibile mettere nella testa della gente che non vuol sentir ragione, se non la propria, che il Deutsch-Drahthaar così come viene concepito ancora oggi in Italia non é un cane per tutti.

Premesso questo che é già molto, vedrò per schemi, di chiarire un po’ di cosette che meritano di essere trattate. Il DD come del resto molte altre Razze da Caccia Tedesche é stato fondato su dei principi etico – venatori che forse da noi in Italia non sono ancora sufficientemente analiz­zati per renderci conto di cosa si ha per le mani possedendo un tale cane. Cosa sono e cosa rappresentano questi nomi:

1)                   WILDSCHÄRFE

2)                   RAUBWILD und RAUBZEUGSCHÄRFE

La numero uno ossia la wildschärfe è la capacità di un cane da caccia di appropriarsi senza difficoltà della selvaggina minore ferita e di fare il suo dovere di cane da caccia nel recupero di questa o nel riporto attraverso le più svariate difficoltà. Di inseguire con coraggio anche la selvaggina di grosso calibro e “pressarla” possibil­mente fino al servizio finale del cacciatore. Quando questa attitudine assume un carattere di forte coraggio o particolare durezza si parla di “alto grado di wildschärfe”, di massimo grado quindi di determinazione nel compimento del proprio dovere.

Il secondo punto ovvero la raubwild e la raubzeugschärfe identifica un cane da caccia e non, nella sua predisposizione ad assalire e pos­sibilmente uccidere tutti gli animali rapaci o nocivi. Il minimo del comportamento che rientra in questa nota é “pressare” l’animale nocivo fino all’arrivo del cacciatore che ultimerà l’opera.

Chi possiede un D.Drahthaar deve fare i conti con questo patrimonio genetico che é insito e connaturato nella razza stessa, e che se di D.Drahthaar si parla, questo deve assolutamente possedere le doti per svolgere il lavoro del cane d’uso venatorio dei punti uno e due. Nel punto uno é automatico anche per i cacciatori italiani pretendere che un cane da caccia persegua la selvaggina con una certa determinazione e audacia, qualsiasi sia il terreno, l’ambiente teatro di caccia e il tipo di selvaggina che si vada a cacciare.

Per il punto due le cose sono un po’ più complicate.

Perché i creatori dei cani tedeschi per l’uso venatorio e così naturalmente anche per il D.Drahthaar, si sono così ostinati ad esaltare questa prerogativa di durezza contro i rapaci e i nocivi?

E’ presto detto, per salvaguardare il loro territorio di caccia da intrusi notoriamente scomodi. Tra questi “intrusi” rientrano molte specie: volpi, faine, martore, gatti inselvatichiti, tassi, donnole, ma anche cani randagi. Tutti “personaggi”questi, atti notoriamente a rapire e aggredire con ferocia la selvaggina. I cani tedeschi da caccia devono preservare il territorio del loro proprietario da ogni possibile predatore.

Se un cane é stato concepito con questa sistematica logica, come si può pretendere che non diventi un cane all’occorrenza duro? Che non diventi quando ne ha l’occasione attore principale di una recita già scritta? Questo deve essere accettato. Se non si accetta non si é capito niente dei cani da caccia in genere, e niente del D.Drahthaar nello specifico. In Germania nessun cane può passare alla riproduzione (ufficiale), se non ha testate le qualità dei punti uno e due.

Premesso questo arriviamo al punto più dolente della questione :

Noi uomini. Noi cacciatori con il cane.

Ogni razza di cani ha delle prerogative generali e specifiche, anche il D.Drahthaar ne ha il suo bagaglio.

Nel paese d’origine della razza, fin dai tempi in cui questa non esisteva, era noto e usato però il SISTEMA di GESTIONE del CANE. Il modo razionale di “RELAZIONARSI” con lui, fosse esso un cane da caccia, da difesa, o da compagnia.

QUESTO E’ IL PUNTO DOLENTE. Non si può pretendere di guidare una ”Ferrari” pensando che dal momento che si possiede la patente di circolazione e si sono guidate ad oggi un paio di utilitarie, si possa altresì cimentarsi con la “rossa” in evoluzioni e accelerate varie, senza prima aver capito con che mezzo si ha a che fare. Ne andare per le strade del centro cittadino con una macchina “movimento terra” senza conoscerne prima le possibilità di sterzo, di ingombro ecc. Esempi semplici ma chiari, per ogni mezzo ci vuole una scuola, un insegnamento, un’attenzione. Al nostro D.Drahthaar venendo al sodo, va data più attenzione, più continuità d’assieme seguendo però una logica :

Uomo-Cane-Educazione-Utilizzo.

SE C’É UNA VOLONTÀ ALLA FINE UNA VIA SI TROVA SEMPRE.

Bisogna assolutamente che gli utilizzatori del D.Drahthaar, ma consiglio anche a tutti gli altri proprietari di cani di razze diverse di fare la stessa cosa, imparino la grammatica di come si cresce il proprio cane con una più vasta logica educativa.

L’educazione non é necessariamente coercizione: botte, urli, calci, collare elettrico ecc. L’educazione é ben altro, come per i bambini, se si lasciano crescere da soli in strada, magari frequentando cattive compagnie, non potranno che diventare dei piccoli mascalzoncelli che alla prima occasione faranno a pugni o peggio. L’educazione vera é la presenza costante, tastare il polso della sensibilità soggettiva del figlio (o del cane) giorno per giorno, non lesinando le coccole ma non tralasciando neanche la fermezza, che giustamente abbinate otten­gono dei grandi risultati e che distinguono l’adulto “cresciuto” da chi non sa. In breve, se il giovane soggetto D.Drahthaar, dimostra verso i sei o sette mesi di avere un’indole troppo combattiva verso i propri simili, e magari avere le prerogative di diventare troppo presto un CANE ALFA che é il rango più alto della classe sociale canina, nel preciso momento della forte indisciplina, lo si strattoni fortemente con il guinzaglio a collare strozzante, e gli si imponga il “terra” perentorio, rimanendo puntati davanti a lui in quella posizione per cinque – dieci  minuti, senza cedere, senza farlo alzare. Questa per il nostro cane, più che una punizione fisica, é una ferma volontà di negazione psicologica. Il cane intelligente reagirà positivamente. Due o tre volte di questi servizi di solito sono sufficienti in un cane di giovane età per fargli capire chi comanda, e cosa non si deve fare. In Veneto diciamo che la piantina si può raddrizzare solo quando é giovane. E che l’occhio del contadino ingrassa i buoi nella stalla. Quindi non si può pretendere niente dalle correzioni (anche dalle più dure) quando il soggetto é già formato nel suo carattere, alle volte si scaturiscono reazioni ancora peggiori. Ne tanto meno vale (II° proverbio) quello di accorgersi “una tantum” di come sta crescendo il nostro D.Drahthaar. Bisogna viverci di più assieme, e non pretendere dei risultati senza problemi a venire, sciogliendolo dal recinto di contenimento solo il fine settimana e verso spazi aperti dove può incontrare chiunque.

Quel chiunque và rispettato!

Ma per rispettare bisogna assolutamente passare attraverso un’educazi­one sociale di comportamento. Il soggetto fin DA PICCOLO và fatto socia1izzare con altri cani adulti e non, ma specialmente di taglie diverse, ancor di più con i cani di piccola mole. Si deve porre sempre grande attenzione al suo comportamento ed alle sue eventuali inopportune reazioni. Si reagisca con subitaneità.

Almeno per il D.Drahthaar nella media, si deve agire così.

Il D.Drahthaar non é un barboncino per signora un po’ cresciuto, non é neanche il bravissimo E.Breton e neanche il nostro italico Spinone. Chi vuole accompagnarsi felicemente al DD deve sapersi auto educare ed impegnare. Questo discorso non deve assolutamente impressionare negativamente chi si vuole avvicinare alla razza, anzi, diversamente deve servire d’entusiasmo per allargare la propria conoscenza verso una gestione intelligente. Imparare ciò che non é stato mai SUFFICIENTEMENTE insegnato al cacciatore italiano medio, ovvero sia quello di andare a caccia con dei cani educati e completamente in mano.

Il D.Drahthaar non é poi tanto diverso da molte altre razze nella psiche e nella costruzione simili a lui, ma per le quali la pubblicistica magari adotta pagine più favoreggianti. Dobbiamo solo, imparare un po’ di più la gestione. Più esercizi da cortile e collegamento. Tutto qui, ne fuoriusciranno maggiore soddisfazione, maggiore conoscenza sul vero comportamento degli animali cani, maggiore coscienza sul ruolo del capobranco, e innanzi tutto si imparerà finalmente a non prendere le solite “feroci arrabbiature” per cose che alla fine dipendono più da noi che da i nostri cani. Questo discorso mi sembra che possa esser accettato e capito da tutti, sia nell’intento che nella sostanza. Un’altro capitolo che conclude questo mio scritto deve essere assoluta­mente dedicato alla produzione del Deutsch-Drahthaar.

I personaggi di un tempo che fu (oggi 100 ANNI di ufficia1ità) che si dedicarono alla creazione della razza DD, non avrebbero mai potuto pensare ad uno svi1uppo così imponente del numerico odierno della razza stessa. Tra i loro più famosi motti, ci fu sempre inesorabile quello rivolto verso gli allevatori di quel tempo che cantava così:

ZUCHTE WENIGER, ABER BESSER !”: “Alleva meno ma meglio!”, (non quantità ma qualità). Questo principio oggi, come per moltissimi altri postulati di alto valore sociale non esiste più. Non solo, ma si pubblicizzano talmente le razze canine al solo scopo di venderne il prodotto che si passa sopra tutto e tutti.

Guardiamo un po’ senza farne i nomi, alle razze da caccia, da guardia, e da compagnia che negli anni sono diventate oggetto di moda o preda ambitissima dei mass-media. Sono le razze, e quindi i cani, di come gli avevano pensati e con mille sacrifici creati gli inventori di questi? Sono rimaste le sane, robuste, e psicofisicamente equilibrate razze di un tempo che fu? Lascio a voi tutti trarne una risposta, e una conclusione obbiettiva e intelligente. Internet é una grande cosa, una cosa immensa. Nel tema dei cani, e per la vendita di questi, senza dubbio velocissima. Ma come si fanno a verificare i caratteri dei genitori dei cani che si comperano tramite internet? Come si fa a credere ancora che in Germania solo perché é la patria natia del D.Drah­thaar tutti gli allevatori siano delle persone serie, preparate, coscienziose e conoscenti. Il DD come razza sta crescendo a dismisura, sta crescendo perché é un cane generico efficace. Ma la suprema legge della domanda e dell’offerta haimè, spero non soffochino anche questa meravigliosa creazione. Fare cani é facile, basta mettere un maschio con una femmina ed escono cuccioli. Ma cosa si é fatto e con chi?

Cosa si sa in genere delle prerogative caratteriali e genetiche di ogni individuo? Cosa si conosce dei “geni” con tanta o poca durezza caratteriale che si portano appresso quei due soggetti? La nitroglice­rina agitandola può anche esplodere. La razza in salute secondo me é la razza bene tutelata anche nel numerico. E per numerico intendo limitazione di questo, e non esaltazione della produzione. Questo é valido in Germania come in Italia. Anzi ancora di più in Germania, dove le cose si DOVREBBERO sapere di più.

E’ chiaro che tutto questo discorso alla fine si congiunge con il tema iniziale; da una buona famiglia di solito non nascono dei delinqu­enti, o meglio da una famiglia “‘Presente” nei concetti d’educazione e forte nei principi morali. E’ chiaro che le eccezioni ci possono essere, ma queste non fanno di certo la media ne tanto meno la regola. Il D.Drahthaar é un cane di razza giovane, costruito su più ceppi famigliari di razze diverse. E’ un incrocio.

E’ molto difficile allevare il D.Drahthaar, presuppone competenza infinita sulle linee di sangue, ma molto di più, conoscenza diretta sui singoli soggetti che hanno partecipato alla composizione del certificato genealogico. Questo alle volte é quasi impossibile, ma non é impossibile prendere dei contatti con le persone che anni addietro hanno posseduto quei determinati “soggetti cardine”: della linea genealogica. Un tale atteggiamento, ingaggerebbe un vero contatto tra gli allevatori “coscienziosi”, che confidenti sulle qualità, sui caratteri, e sulle problematiche varie di questo o quel cane, favorirebbero di certo a stabilizzare la SALUTE VERA della razza. Un lavoro infinito, una infinita ricerca, ma alla fine una semi-garanzia di lavorare con del materiale non avariato. E poi un’ultima cosa, il soggetto pazzo, squilibrato, veramente incorreggibile fin dalla nascita, sia esso costato il prezzo di un cucciolo o il prezzo naturalmente maggiorato del cane adulto con tutti gli esami di caccia possibili, quel soggetto che dimostri in ogni situazione, di non voler correggere minimamente dei suoi istinti primordiali fortemente deviati, và eliminato.

E’ meglio un pianto unico, che continue lacrime per incidenti più o meno gravi dietro ad ogni angolo di casa nostra, o nella finestra del Mondo.